migranti

Barconi come vagoni, mare spinato come campi di concentramento. Di quale civiltà facciamo parte? Siamo davvero uomini? Se mi si chiede da che parte sto, io rispondo: “Dalla parte dell’accoglienza”. Se mi si chiede come si fa, mi servono tre minuti per un breve ragionamento.

Dire “mai più” ogni volta che affonda un barcone è fin troppo semplice. Ma di retorica solidaristica siamo pieni, ciò che manca sono le scelte politiche. Si dice: “Ma come, noi non abbiamo un lavoro e una casa e dobbiamo dare 35 euro a questi?”. Ma, mi verrebbe da rispondere, chi ha deciso che noi dovevamo nascere a nord del Mediterraneo e loro a Sud? Poteva accadere il contrario? E allora?

Ma davvero qualcuno pensa che scappano perché si divertono a dar fastidio, perché sono attratti dalle felpe di Salvini? Oppure scappano per sopravvivere o per sfuggire a violenza e guerre? La verità è che una serie di condizioni (conflitti, persecuzioni, guerre, sottosviluppo) fanno in modo che una gran massa di disperati dall’Africa e dall’Asia cerchi di avvicinarsi all’Europa. Questi migranti, per essere chiari, sanno benissimo di rischiare di poter morire in mare, ma vengono lo stesso perché per molti di loro prevale il rischio di morire in mare rispetto alla certezza di morire in guerra, per persecuzioni o per fame.
C’è anche chi vuole provare a migliorare la propria vita, ad uscire dalla trappola della povertà.
Per questo il fenomeno della migrazione non si può evitare, e chi dice il contrario dice una colossale bugia. Ma si può, si deve governare questo fenomeno, e l’Italia (soprattutto nel periodo in cui, con “Mare nostrum”, ha profuso uno sforzo eccezionale per salvare vite umane) è stata lasciata troppo sola. Perché “governare” questo fenomeno significa che l’Europa intera deve assumersi le sue responsabilità (finalmente la Ue afferma con chiarezza che gli Stati membri sono obbligati ad accogliere i migranti), significa che l’Europa deve avere una politica estera, che insieme all’Onu deve intervenire per sedare i conflitti nelle area a rischio. Tutto ciò va fatto subito, ma anche se la politica riuscisse (come tutti auspichiamo) a limitare il fenomeno migratorio, il problema dell’esodo di persone verso l’Europa rimarrebbe. E comunque c’è, qui ed ora e va affrontato.

Si potrebbe aggiungere, forse con un po’ di retorica ma comunque affermando una verità storica, che anche noi siamo stati un popolo di emigranti e il mondo interconnesso di oggi e di domani sarà sempre più fatto da cittadini migranti.

Quindi il tema vero non è quello di improbabili “respingimenti”, ne tantomeno quello della carità (che pure, per chi si sente di farla, è cosa giusta e sacrosanta). Il problema è avere una politica (internazionale, europea, nazionale), perché l’accoglienza non può essere improvvisata ma organizzata. E non deve essere un affare (che troppo spesso fa rima con molti migranti ammassati in megastrutture) ma un fenomeno sostenibile per il contesto sociale. E questo significa che occorre realizzare il giusto equilibrio fra solidarietà e sicurezza (dei cittadini e dei migranti). Rompiamo un altro tabù: non ha senso contrapporre la solidarietà alla sicurezza. Per accogliere deve sentirti sicuro e per sentirti sicuro ci vuole un governo, una politica dell’accoglienza e dell’integrazione.

So bene che dobbiamo fare i conti con la paura di tante persone, un sentimento che in molti casi non è razzista, ma si alimenta dentro la crisi economica, dentro questo tempo in cui, con l’aggravarsi delle condizioni materiali di vita di tante famiglie, risulta più forte anche lo sfilacciamento sociale e valoriale. Quindi non basta opporsi a questo sentimento con una petizione di principio (per quanto giusta) senza che vi sia una politica dell’accoglienza che metta insieme valori e opportunità concrete. Si, opportunità concrete. Perché i 35 euro al giorno per ogni persona ospitata devono generare valore, sia dal punto di vista materiale che sul piano della solidarietà.
Che fare?
In linea con quanto previsto dall’accordo Stato Regioni la prima fase di accoglienza su base regionale può avvenire in un centro (potrebbe essere lo stesso ex CIE di Palazzo San Gervasio ad essere riconvertito) che all’occorrenza riceveranno un numero rilevanti di richiedenti asilo salvo poi trasferire i medesimi nei comuni con un sistema di accoglienza diffuso secondo gli standard dello SPRAR (acronimo di ‘Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati’).

Ecco allora che i 35 euro, per persona al giorno, possono servire a generare economia (per le case sfitte, per acquistare qualcosa presso gli esercenti locali a dare un contributo per il lavoro di pubblica utilità, come ha detto lo stesso ministro Alfano). In alcuni casi l’accoglienza e l’integrazione dei migranti serve anche a tenere più alto il numero degli studenti a scuola, a salvare il posto ad un docente o a far assumere un precario. In alcuni casi a far lavorare giovani come mediatori culturali, ad offrire qualche opportunità in più nel sistema sanitario e nel sistema scolastico che dovranno, comunque confrontarsi con nuove realtà.
Insomma un tale modello può generare opportunità e scongiurare grosse concentrazioni impattanti, foriere di esclusione e di emarginazione e di reazioni per le comunità che accolgono.

Si dirà: “Sono solo parole”. Ma a ben vedere non è così. Negli anni scorsi con Paolo Pesacane, allora assessore provinciale, con il personale di un ente (oggetto di una riforma pasticciata) questo modello l’abbiamo realizzato concretamente. Si era partiti dallo SPRAR (acronimo di ‘Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati’) ma nel 2011 si utilizzò questo modello per far fronte all’emergenza Nord Africa.

Ecco allora che anche in Basilicata molto dipenderà da quale modello e da quali politiche si sceglieranno per evitare che la retorica dell’accoglienza e la foga dei respingimenti diventino due facce della stessa inconcludente medaglia. La Basilicata è stata per secoli e millenni anche luogo di transito, d’insediamento di popoli diversi. È stato e sarà ancora così, anche perché la storia non si ferma con la “battaglia navale” evocata da qualcuno.

Ma sta a noi capire che in questo passaggio le scelte non sono neutrali. Valori e opportunità concrete possono viaggiare insieme, per tanti cittadini ma anche per chi abita il nostro territorio.
Nelle prossime ore, certo di raccogliere la sensibilità e lo spirito di collaborazione di consiglieri regionali. scriverò alle commissioni consiliari competenti per avviare l’iter di discussione del DDL della Giunta e della proposta fatta dal Consiglio di Provinciale di Potenza sul tema dei rifugiati, dei richiedenti asilo e dell’immigrazione in generale.