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 23 novembre 2015

Nel trentacinquesimo anniversario del sisma del 23 novembre l’Aula osserva un minuto di silenzio. Lacorazza: “Spero che il forte valore simbolico di questo giorno possa essere di buon auspicio per un futuro che porta con se radici e memoria”

 “Questa riunione si svolge in una data molto significativa per i lucani. Per noi tutti il 23 novembre è la data del terremoto che nel 1980 sconvolse la Basilicata e la Campania, seminando morte e distruzione. Una data che è rimasta anche nella memoria di chi allora non era ancora nato o che, come me ed altri presenti in quest’Aula, allora era solo un bambino”. Così il presidente del Consiglio regionale Piero Lacorazza ha aperto oggi la seduta dell’Assemblea, che nel trentacinquesimo anniversario del terremoto del 1980 ha osservato un minuto di silenzio in ricordo delle vittime.

“Una tragedia – ha detto Lacorazza – che ci riporta al ricordo di chi perse la vita, della solidarietà dell’Italia e del Mondo, della travagliata, difficile, controversa e in qualche caso ancora non risolta vicenda della ricostruzione e dello sviluppo che gli ingenti stanziamenti statali avrebbero dovuto assicurare mentre periodicamente nelle nostre discussioni – anche questo non va dimenticato – tornano gli echi di altri eventi sismici, del 1991 e successivi, che impegnano ancora oggi diverse amministrazioni comunali con i problemi della ricostruzione. Una storia fatta di luci ed ombre, che ha unito i lucani determinando una crescita della sensibilità e dell’attenzione, oltre che delle competenze, per la sicurezza degli edifici e per gli equilibri del territorio”.

“Ma il 23 novembre – ha aggiunto il presidente – riporta alla memoria anche una data più recente, quando in quella domenica del 2003 un immenso fiume umano – si parlò allora di centomila persone – percorse la statale ionica da Policoro a Scanzano per dire no al deposito di scorie nucleari che il governo avrebbe voluto costruire nelle miniere di salgemma di Terzo Cavone, a pochi passi dal mare. Una battaglia vinta – è bene sottolinearlo – innanzitutto perché fu la battaglia della partecipazione dei cittadini e dell’unità: l’unità del popolo e delle istituzioni della Basilicata, l’unità delle Regioni italiane, che si espressero tutte (tranne una) contro il decreto del governo, l’unità del mondo scientifico, che tranne poche voci discordanti dimostrò attraverso l’autorevole richiamo di Carlo Rubbia quanto fosse sbagliata quella scelta. Non era la sindrome Nimby, ma la dimostrazione che questioni complesse e delicate in una democrazia moderna vanno affrontate in un altro modo. Mi auguro sinceramente che ciò sia servito, anche se la procedura attualmente in corso ha destato qualche perplessità. E in ogni caso ha fatto bene il presidente Pittella a ribadire in diverse occasioni che la Basilicata è un territorio dove sono presenti altre emergenze e non può in nessun caso essere preso in considerazione per il deposito”.

“È solo un caso – ha concluso Lacorazza – che in questo giorno di anniversari il Consiglio regionale si appresti a discutere e votare le nuove regole, la Carta, lo Statuto della Regione. Ma mi piace pensare che dentro questo Statuto, in un giorno così simbolico, ci siano quei valori di ricostruzione e partecipazione della vita civile e democratica. Sarebbe lungo approfondirne le ragioni, non posso e non voglio rubare tempo alla discussione, tuttavia spero che il forte valore simbolico di questo giorno possa essere di buon auspicio per un futuro che porta con se radici e memoria”.

 

La relazione integrale

23 novembre 2015 | Seduta del Consiglio regionale

Signor Presidente, signori consiglieri e assessori,

questa riunione si svolge in una data molto significativa per i lucani. Per noi tutti il 23 novembre è la data del terremoto che nel 1980 sconvolse la Basilicata e la Campania, seminando morte e distruzione. Una data che è rimasta anche nella memoria di chi allora non era ancora nato o che, come me ed altri presenti in quest’Aula, allora era solo un bambino. Una tragedia che ci riporta al ricordo di chi perse la vita, della solidarietà dell’Italia e del Mondo, della travagliata, difficile, controversa e in qualche caso ancora non risolta vicenda della ricostruzione e dello sviluppo che gli ingenti stanziamenti statali avrebbero dovuto assicurare mentre periodicamente nelle nostre discussioni – anche questo non va dimenticato – tornano gli echi di altri eventi sismici, del 1991 e successivi, che impegnano ancora oggi diverse amministrazioni comunali con i problemi della ricostruzione. Una storia fatta di luci ed ombre, che ha unito i lucani determinando una crescita della sensibilità e dell’attenzione, oltre che delle competenze, per la sicurezza degli edifici e per gli equilibri del territorio.
Ma il 23 novembre riporta alla memoria anche una data più recente, quando in quella domenica del 2003 un immenso fiume umano – si parlò allora di centomila persone – percorse la statale ionica da Policoro a Scanzano per dire no al deposito di scorie nucleari che il governo avrebbe voluto costruire nelle miniere di salgemma di Terzo Cavone, a pochi passi dal mare. Una battaglia vinta – è bene sottolinearlo – innanzitutto perché fu la battaglia della partecipazione dei cittadini e dell’unità: l’unità del popolo e delle istituzioni della Basilicata, l’unità delle Regioni italiane, che si espressero tutte (tranne una) contro il decreto del governo, l’unità del mondo scientifico, che tranne poche voci discordanti dimostrò attraverso l’autorevole richiamo di Carlo Rubbia quanto fosse sbagliata quella scelta. Non era la sindrome Nimby, ma la dimostrazione che questioni complesse e delicate in una democrazia moderna vanno affrontate in un altro modo. Mi auguro sinceramente che ciò sia servito, anche se la procedura attualmente in corso ha destato qualche perplessità. E in ogni caso ha fatto bene il presidente Pittella a ribadire in diverse occasioni che la Basilicata è un territorio dove sono presenti altre emergenze e non può in nessun caso essere preso in considerazione per il deposito.
È solo un caso che in questo giorno di anniversari il Consiglio regionale si appresti a discutere e votare le nuove regole, la Carta, lo Statuto della Regione. Ma mi piace pensare che dentro questo Statuto, in un giorno così simbolico, ci siano quei valori di ricostruzione e partecipazione della vita civile e democratica. Sarebbe lungo approfondirne le ragioni, non posso e non voglio rubare tempo alla discussione, tuttavia spero che il forte valore simbolico di questo giorno possa essere di buon auspicio per un futuro che porta con se radici e memoria.
E per questa memoria vi chiedo un minuto di silenzio per le vittime del terremoto.