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Agosto insegnante mia non ti conosco.

È sempre agosto il mese degli inguacchi che si trasformano in ansia per migliaia di persone che vivono l’attesa per il proprio destino. Le manifestazioni di Napoli e Palermo, le prese di posizione di vari protagonisti della politica e della scuola in altre regioni, ci dicono che queste ansie sono ancora maggiori a Sud dell’Italia.

La scuola è un pezzo rilevante della ’questione meridionale’, in questo recinto è guerra per la sopravvivenza. Il Governo non c’è, anzi alimenta questa guerra.

Tra chi? Tra coloro che hanno scelto di far domanda per l’immissione di ruolo pur sapendo di dover rimanere per un po’ di anni lontano da casa e coloro che hanno scelto di rimanere nella propria terra e continuare a rischiare anche di rimanere fuori o precari a vita nelle scuola.

E poi ci sono quelli che hanno scelto di andare incontro ad un concorso per necessità e si vedono ‘bocciati’ anni di esperienza e sacrifici.

Avevo già in qualche circostanza espresso forti perplessità sulla debolezza di un progetto educativo sottostante alla cosiddetta riforma della ‘Buona scuola’ ma sinceramente guardavo con speranza alla stabilizzazione di tanti precari.

Anzi, pur consapevole delle criticità, credevo che il governo di una riforma complessa in ambito scolastico avrebbe potuto portare assestamenti successivi, in meglio.

Invece siamo alla contrapposizione tra chi vuole ritornare a casa (regione di origine) e chi corre il rischio di rimanere a casa, non lavorare più.

Nello specifico il tema delle Graduatorie ad Esaurimento sta facendo assumere alla Buona Scuola caratteristiche cliniche poiché l’esaurimento non è la fine di un giusto e neutrale processo di carriera ma ormai una malattia di un Paese che fugge dalle responsabilità e dal futuro.

Si cerchi subito una via che tuteli i diritti di tutti! Siano essi insegnanti di ruolo (magari anche giovani e con bassi punteggi) che vorrebbero rientrare a casa, siano essi precari con alti punteggi e anni di esperienza alle spalle che invece avevano affidato alle Gae la speranza di chiudere un precariato ultradecennale; vale più un insegnate di ruolo o un precario?

E’ necessario dunque un tavolo immediato di confronto coi numeri alla mano e soluzioni da cercare insieme proprio tra Regione, USR e sindacati per non danneggiare nessuno, verificando con netto anticipo le disponibilità, verificando – ad esempio – quante classi sono troppo numerose (fino a 28 alunni), col paradosso di insegnanti in affanno ed altri a casa, oppure verificando anche quelle sacche di ingiustizia affidate ad algoritmi che hanno prodotto lavoro sotto casa per alcuni con bassi punteggi e a mille chilometri da casa per chi ha punteggio alto.

E’ lo sforzo – più giusto che mai – di evitare che chi rientra nella regione di residenza, cacci definitivamente dal mondo del lavoro altri colleghi. C’è una responsabilità di tutti noi ma è anche una questione logica: che senso avrebbe battersi per far tornare a casa alcuni insegnanti, se poi altri devono essere costretti ad andare via, e viceversa?

Si cerchi subito una via che tuteli i diritti di tutti!

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