Il presidente del Consiglio regionale interviene nel dibattito sulle macroregioni: “Il nuovo art. 116 e i referendum sono una sfida di governo per cambiare il Paese senza mortificare il ruolo dei territorio e dei presidi democratici”

macroregioni

 12 ottobre 2015

“Alle Regioni virtuose più competenze, e questo va bene perché significa sentire propria la sfida della modernizzazione del Paese. Ma leale collaborazione significa anche garantire la presenza dello Stato nelle Regioni, senza modificarne i confini amministrativi, a partire dalle Corti d’Appello”. E quanto ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale Piero Lacorazza a proposito del dibattito che si aperto sulle macroregioni.

“Magari sono solo coincidenze. Voglio pensare – aggiunge – che sia solo un caso o la discussione sulla riforma del Titolo V della Costituzione ad aver riaperto, dopo il deposito dei quesiti referendari da parte di dieci Regioni su sblocca Italia e decreto sviluppo, il dibattito sulle macroregioni. Ma il dibattito c’è e non voglio rinunciare a prenderlo dal versante della ‘sfida’ e del ‘cambiamento’. Si poteva far saltare l’attuale assetto delle Regioni mantenendo le Province. Ma ora che il pasticcio delle Province è stato già consumato (a proposito: siamo già a 25 milioni trasferiti dalla Regione Basilicata) credo che sia sbagliato rinunciare ad un spazio democratico elettivo comunque vicino al cittadino anche perché consolidato da una storia Costituzionale e politica”.

A parere di Lacorazza “ci sono due temi che vanno affrontati senza reticenze: il primo riguarda la necessità di una programmazione più ampia (per noi meridionale) e il secondo attiene alle competenze da attribuire alle Regioni virtuose. Per la programmazione le Regioni dovrebbero a mio avviso dare vita ad un ‘Gruppo europeo di cooperazione territoriale’, stabilendo allo stesso tempo che la sessione comunitaria possa divenire momento unificante della programmazione unitaria dei Consigli regionali, per pianificare l’uso dei fondi comunitari intorno alla realizzazione di pochi grandi obiettivi comuni. Le macroaree di programmazione devono avere un a regia nazionale per integrare risorse e strategie dentro un quadro unitario del Paese, ma devono anche valorizzare le specificità territoriali, che vanno accompagnate in un ambito ottimale che possono essere le attuali Regioni”.

“C’è poi, un secondo punto – aggiunge ancora Lacorazza -, che riguarda le maggiori competenze per le Regioni virtuose e la leale collaborazioni tra istituzioni. L’iniziativa referendaria su una materia delicata come quella energetica e la riformulazione dell’art. 116 (a più virtù corrispondono più poteri) della Costituzione aprono uno spazio che non è (come alcuni pensano) una disputa tutta interna al Pd o una posizione della minoranza Dem contro Renzi, ma una sfida di governo per partecipare al cambiamento del Paese senza mortificare il ruolo dei territorio e dei presidi democratici. È chiaro che questa sfida di governo, di leale collaborazione, deve vedere tutti i soggetti responsabilizzati. Lo smembramento delle Regioni o il loro svuotamento a Costituzione invariata, a partire dalle Corti d’Appello, non è certamente il miglior modo per far partire questo processo”.