02 dicembre 2015
“Le politiche di coesione non possono essere sostitutive di quelle ordinarie”, ha detto presidente del Consiglio regionale al Seminario promosso dalla Svimez su “Cooperazione virtuosa tra Regioni meridionali e Stato”
“Il Mezzogiorno deve essere dentro le strategie e le politiche pubbliche per il Paese, altrimenti la stessa riforma costituzionale non costituirà un’opportunità ma al contrario appesantirà gli effetti di rischio per la tenuta unitaria e quindi per la ripresa economica dell’Italia”. E’ quanto ha detto il presidente del Consiglio regionale, Piero Lacorazza, che oggi a Roma è intervenuto nel seminario su “Cooperazione virtuosa tra Regioni meridionali e Stato”, promosso dalla Svimez.
“Le politiche di coesione – ha aggiunto Lacorazza – non possono essere sostitutive delle scelte ‘ordinarie’, ma aggiuntive o complementari. L’impatto degli effetti di alcune scelte come, per esempio, i criteri per l’attribuzione delle risorse alle Università (come emerge anche dall’analisi proposta proprio oggi da Mauro Fiorentino, già rettore dell’Unibas) o in materia scolastica e sanitaria, per non parlare di quella energetica, non sono sostituibili dalle politiche di coesione che devono, anch’esse, recuperare indirizzi strategici più definiti nel Mezzogiorno. Da un a parte quindi ci deve essere il Sud nelle politiche nazionali e dall’altra il Sud deve recuperare una cooperazione rafforzata tra le Regioni che ne vincoli le scelte a pochi e chiari obbiettivi”.
A parere di Lacorazza “ci deve essere anche un Sud capace di accettare le sfida dell’efficienza e della corrispondenza tra maggiori virtù e maggiori poteri, così come dice l’art. 116 della riforma costituzionale. Ma il fatto che le Regioni debbano integramente finanziare le proprie funzioni e che la definizione del fondo di perequazione avverrà con legge ordinaria (cioè conta nel processo di approvazione solo la Camera ed è molto marginale il ruolo del Senato delle Regioni e delle Autonomie) corre il rischio aggiungere ulteriori criticità alla già fragile presenza istituzionale che sovrintende al coordinamento le politiche di coesione”.
“In questo contesto, senza una politica di sviluppo incisiva – ha concluso Lacorazza -, si corre il rischio di una torsione centralista che non fa bene al Sud e al Nord, che non fa bene all’Italia. I referendum proposti da dieci Regioni italiane, molte delle quali meridionali, sui poteri delle Regioni in materia energetica possono aiutare a riportare su binari più corretti il processo di riforma, di cui questo Paese ha bisogno per essere meno costoso e più efficiente, ma mantenendo un percorso democratico forte e un legame diretto con i territori”.